Frank Lloyd Wright by Luciana Miotto

Frank Lloyd Wright by Luciana Miotto

autore:Luciana Miotto [Miotto, Luciana]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Giunti
pubblicato: 2014-06-22T22:00:00+00:00


L’ITALIA E WRIGHT

Il soggiorno a Fiesole, sopra Firenze, da marzo a settembre del 1910, significò per Wright soprattutto un contatto fisico con l’Italia, attraverso le passeggiate nelle incantevoli colline toscane e tra le architetture tradizionali dei loro borghi; un ricercato esilio senza veri contatti con gli italiani, con lo scopo di preparare i disegni e il testo per la monografia da pubblicare a Berlino, e vivere con Mamah Borthwick la loro fuga lontani dal mondo.

Fu in particolare con la V Triennale di Milano del 1933 che in Italia si cominciò a conoscere l’architettura di Wright, attraverso alcuni progetti e immagini di edifici esposti nella sezione dedicata agli architetti più in voga del momento. Fra i commentatori di quella Triennale, solo il critico d’arte Edoardo Persico vide in Wright «il vero maestro dell’architettura moderna», giudizio che precisò in una famosa conferenza del 1935 su Profezia dell’architettura. Tra il 1935 e il 1941, la rivista “Casabella”, da lui diretta, continuò a presentare altre opere dell’architetto americano, e Giulio Carlo Argan recensì anche An Autobiography. Ma il vero interesse per Wright esplode letteralmente in Italia nel 1945, subito dopo la Liberazione, grazie all’opera di diffusione condotta da Bruno Zevi, sia con il suo testo Verso un’architettura organica che attraverso la fondazione a Roma dell’apao (Associazione per l’architettura organica), con sedi anche in altre città d’Italia.

È vero che la conoscenza di Wright in Italia tra il 1945 e il 1951 è legata alla strategia di diffusione della cultura americana all’estero a cura dell’usis (United States Information Service), di cui Zevi stesso faceva parte, ma è anche vero che proprio in Italia il geniale architetto trova l’ambiente più propizio. Come non legare infatti lo spirito d’indipendenza e di libertà delle opere di Wright, il contenuto democratico della sua architettura e perfino l’uso autentico dei materiali con l’ansia di rinnovamento e di ricerca di verità e d’identità degli architetti, e più in generale degli intellettuali italiani dopo il lungo ventennio fascista di cultura retorica? È questa stessa ricerca a produrre un rinnovato rapporto con la storia, che per gli architetti significò rileggere le opere del passato rivalutando anche certi aspetti della tradizione urbanistica (i centri storici) e costruttiva, come l’uso e la lavorazione dei materiali o la funzionalità di certe forme già esistenti, per trarne ispirazione.

Da Mario Ridolfi a Ludovico Quaroni, Giovanni Michelucci, Edoardo Detti e molti altri, si può affermare che quasi tutti gli architetti italiani vennero infuenzati da Wright. Un posto a parte meritano però gli architetti che gravitavano intorno all’Istituto universitario di architettura di Venezia (iuav). Grazie a Giuseppe Samonà, direttore dal 1944, l’istituto aveva subìto un profondo rinnovamento, sia nel corpo docente che nei metodi d’insegnamento. Nell’ambiente antiaccademico di quella scuola, aperta al costante dialogo con gli studenti e piena di fermenti innovativi, l’opera di Wright rispecchiava in un certo senso la validità del rinnovamento dell’istituto. Per alcuni architetti e allievi, l’influenza di Wright fu assolutamente determinante, basti pensare a Marcello D’Olivo, Edorado Gellner, Gino Valle, Bruno Morassutti, e soprattutto a Carlo Scarpa.



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